UNIVERSITÀ: NONOSTANTE LA “NO TAX AREA” IL NORD RESTA PIÙ CARO

Con l’emergenza Covid il Ministero dell’Istruzione ha esteso per le Università la “no tax area” – introdotta nel 2017 dalla Legge di Bilancio e destinata agli studenti con reddito ISEE inferiore a 13mila euro – alle famiglie con reddito ISEE fino a 20mila euro.
Coloro i quali rientrino nei parametri previsti – che per gli iscritti agli anni successivi al primo includono anche il conseguimento di un numero minimo di crediti formativi – devono quindi corrispondere unicamente la tassa regionale e l’imposta di bollo e non sono pertanto tenuti a pagare i contributi universitari a cui sono invece soggetti tutti gli altri studenti.
Inoltre, sempre in seguito al protrarsi dell’emergenza sanitaria, alcuni atenei hanno esteso ulteriormente la “no tax area” o comunque hanno previsto sconti anche per gli studenti con redditi superiori alla soglia indicata.
Nel consueto report Federconsumatori sulle Università italiane, gli atenei settentrionali si confermano nonostante tutto i più cari: i costi superano del +47,2% quelli delle università del Sud e del +19,7% quelli degli atenei del Centro. Si conferma inoltre il primato di ateneo più caro dell’Università di Pavia, che prevede imposte massime medie di 4.223,00 euro annui.